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Mieloma Multiplo

GAMMOPATIE MONOCLONALI DI INCERTO SIGNIFICATO E MIELOMA MULTIPLO
COS’È
COME CI SI AMMALA
CLASSIFICAZIONE
SINTOMI
DIAGNOSI ED ESAMI
TERAPIA
DECORSO DELLA MALATTIA
VIVERE CON UNA GAMMOPATIA MONOCLONALE
RICERCA
DOMANDE FREQUENTI

COSA SONO

Le gammopatie monoclonali sono condizioni ematologiche caratterizzate dalla presenza, nel sangue dei pazienti, di un anticorpo monoclonale (chiamato anche componente monoclonale), prodotto da particolari cellule del sistema immunitario dette plasmacellule. L'alterazione delle plasmacellule è alla base di tutte le gammopatie monoclonali.
Le gammopatie monoclonali comprendono malattie molto diverse tra loro: le gammopatie monoclonali di incerto significato sono condizioni molto comuni, che non causano alcun sintomo e richiedono semplicemente un monitoraggio clinico; il mieloma multiplo invece è un tumore che richiede quasi sempre una terapia.
Le gammopatie monoclonali di incerto significato colpiscono soprattutto gli anziani: sono presenti in circa il 4-5% delle persone intorno ai 70 anni, e la loro frequenza aumenta ulteriormente con l'età. Una piccola percentuale delle persone affette da gammopatie monoclonali di incerto significato svilupperanno, durante la propria vita, un mieloma multiplo: da questo deriva l'importanza dei controlli periodici.
Il mieloma multiplo rappresenta circa l'1,2% di tutti i tipi di cancro, e si stima che colpisca ogni anno in Italia circa 4.500 persone. È più frequente negli anziani (il 38% dei pazienti ha più di 70 anni), mentre solo il 2% dei pazienti ha meno di 40 anni al momento della diagnosi. L'incidenza di questo tumore è stabile, mentre la mortalità è in calo.

COME CI SI AMMALA

Le plasmacellule sono le cellule del sistema immunitario, presenti nel midollo osseo, incaricate di produrre gli anticorpi. Gli anticorpi permettono di riconoscere ed eliminare i germi (come virus e batteri) e ci proteggono dalle infezioni. Normalmente, ogni plasmacellula produce un anticorpo specifico, leggermente diverso da quello prodotto dalle altre plasmacellule: questa grande varietà permette al sistema immunitario di riconoscere praticamente tutti i possibili pericoli.
Nelle gammopatie monoclonali, una plasmacellula subisce una "trasformazione" e comincia a moltiplicarsi in maniera anomala, creando numerose copie di se stessa. In questo modo si viene a formare un gruppo di cellule identiche tra loro, cioè un clone. Tutte le cellule del clone producono lo stesso anticorpo, che è detto mono-clonale proprio perché deriva da un solo clone di cellule, al contrario degli anticorpi normalmente presenti nel sangue, che provengono da numerosi cloni diversi.

Si pensa che la trasformazione delle plasmacellule sia dovuta a mutazioni che colpiscono il loro DNA. Le mutazioni al DNA possono essere causate da errori casuali che avvengono durante il normale sviluppo delle plasmacellule; tuttavia, anche fattori genetici o ambientali possono contribuire alla loro formazione.
Attualmente, non si conoscono fattori di rischio chiaramente associati allo sviluppo delle gammopatie monoclonali. Si pensa che una prolungata esposizione ad alcune sostanze chimiche (componenti petrolchimici, insetticidi o erbicidi), le radiazioni ionizzanti e forse anche alcuni virus possano aumentare il rischio di sviluppare una gammopatia monoclonale.
Anche la predisposizione genetica in alcuni casi può influenzare la probabilità di ammalarsi. Tuttavia, le gammopatie monoclonali non sono malattie ereditarie.

CLASSIFICAZIONE

La componente monoclonale, come tutti gli anticorpi, è formata da due proteine di grandi dimensioni (chiamate catene pesanti) e due proteine di dimensioni più ridotte (catene leggere). Queste proteine presentano una certa variabilità strutturale, che viene utilizzata per la classificazione delle componenti monoclonali:
- le catene pesanti possono essere di isotipo G o A, molto più raramente D o M;
- le catene leggere possono essere di isotipo kappa (k) o lambda (λ).

Per distinguere le diverse gammopatie monoclonali si usano tre parametri:
- la quantità di componente monoclonale nel sangue;
- la percentuale di plasmacellule nel midollo osseo;
- l'eventuale presenza di sintomi legati alla gammopatia.
È possibile in questo modo identificare tre condizioni cliniche:
- Gammopatie monoclonali di significato indeterminato (chiamate anche MGUS): la componente monoclonale è < 3 g/dl, la percentuale di plasmacellule nel midollo osseo è < 10% e non ci sono sintomi clinici di rilievo.
- Mieloma multiplo: la percentuale di plasmacellule nel midollo osseo è > 10%, e può essere associata a una componente monoclonale nel sangue > 3 g/dl. In circa il 10-15% dei pazienti affetti da mieloma multiplo le plasmacellule tumorali producono solo catene leggere (mieloma micromolecolare). Più raramente (nell'1–2% dei pazienti) le cellule del mieloma non producono anticorpi o ne producono quantità minime (mieloma non secernente).
La presenza di sintomi legati alla malattia permette di distinguere i casi di mieloma multiplo sintomatico dai casi di mieloma multiplo asintomatico.

Plasmocitoma solitario
E’ un tumore raro, caratterizzato dall'accumulo di plasmacellule tumorali in una ristretta zona del corpo. Le plasmacellule nel midollo osseo sono inferiori al 10%, la componente monoclonale è spesso di piccola entità o assente, e non sono presenti i sintomi tipici del mieloma multiplo.

SINTOMI

Le gammopatie monoclonali di incerto significato sono sempre asintomatiche. In caso di comparsa di sintomi di rilievo, è necessario verificare la possibilità di una progressione a mieloma multiplo.

Mieloma multiplo.
I sintomi del mieloma multiplo sono eterogenei e derivano dagli effetti che la malattia esercita sulla struttura ossea, sulla circolazione sanguigna, sul midollo osseo e sui reni.

Il principale sintomo del mieloma multiplo, presente nella maggior parte dei pazienti, è il dolore osseo. Questo è dovuto all'azione delle plasmacellule tumorali, che attraverso vari meccanismi stimolano la distruzione della struttura ossea e ne inibiscono la riparazione. In questo modo, le ossa perdono progressivamente la loro porzione minerale, diventano più fragili e possono fratturarsi anche in assenza di traumi (fratture patologiche). In diverse parti dello scheletro (soprattutto colonna vertebrale, bacino, femori) compaiono delle lesioni litiche.

La distruzione della porzione minerale dell’osso provoca il rilascio di grandi quantità di calcio. L'aumento della quantità di calcio nel sangue può arrivare a rompere il normale equilibrio tra gli elettroliti, con conseguenze negative sia sul cervello (confusione mentale) che su altri organi (stitichezza, disidratazione).

Inoltre, accumulandosi all'interno delle ossa, le plasmacellule tumorali ostacolano il funzionamento del midollo osseo, che ha il compito di produrre tutte le cellule del sangue. Questo porta a una riduzione progressiva del numero di globuli rossi (anemia), con conseguente stanchezza, e a una carenza di globuli bianchi, che compromette il sistema immunitario aumentando il rischio di infezioni.

La presenza di grandi quantità di componente monoclonale aumenta la viscosità del sangue, fino a causare mal di testa e confusione, e può bloccare l'afflusso di sangue al cuore o al cervello, causando infarto o ictus.

La porzione proteica di piccole dimensioni della componente monoclonale (catene leggere) se presente in eccesso nel sangue, può superare il filtro renale e accumularsi nelle urine (proteinuria di Bence Jones).
L'eccessiva quantità di componente monoclonale nel sangue può causare, in alcuni pazienti, un’insufficienza renale.

DIAGNOSI ED ESAMI

Visto che nella maggior parte dei casi non danno sintomi, le gammopatie monoclonali vengono spesso diagnosticate occasionalmente, per esami del sangue o delle urine effettuati per altre ragioni.

L'esame di laboratorio più importante per la diagnosi delle gammopatie è l'elettroforesi delle proteine del sangue, che permette di quantificare i diversi tipi di proteine circolanti nel sangue. Le proteine vengono separate in base alle dimensioni e alla carica elettrica, e si distribuiscono in 5 diverse zone o bande. Gli anticorpi (e quindi anche le componenti monoclonali) si posizionano quasi sempre nella cosiddetta banda gamma. Nelle gammopatie, la banda gamma è anomala a causa dell'eccesso di anticorpi nel sangue. Nelle gammopatie monoclonali di incerto significato la componente monoclonale rappresenta solo una piccola parte di tutte le proteine del sangue. In caso di mieloma multiplo, invece, può costituirne una porzione molto consistente.
Visto che le catene leggere, che fanno parte della componente monoclonale, possono passare nelle urine, è necessario misurare la proteinuria totale delle 24 ore, cioè la quantità totale di proteine presenti nelle urine prodotte durante 24 ore.

L’immunofissazione permette di stabilire a quale isotipo appartiene la componente monoclonale presente nel sangue e nelle urine.

Dopo che la componente monoclonale è stata tipizzata e quantificata, bisogna identificare gli eventuali danni causati dalla malattia a organi e tessuti. A questo scopo si utilizzano:
- l'emocromo, cioè la conta delle cellule del sangue, che serve a valutare la funzionalità del midollo osseo;
- gli esami chimici del sangue, che misurano la funzionalità renale e la quantità di calcio nel sangue.

Se gli esami escludono la presenza di danni dovuti alla malattia, e la quantità di componente monoclonale nel sangue ed eventualmente nelle urine è bassa, si diagnostica una gammopatia monoclonale di incerto significato. In questo caso non sono necessari altri esami di approfondimento.

Al contrario, se i risultati degli esami o i sintomi del paziente fanno sospettare una diagnosi di mieloma multiplo, è necessario effettuare altri esami, più complessi:
- prelievo di campioni di midollo osseo tramite mieloaspirato o biopsia osteomidollare, che permette di misurare la quantità di plasmacellule tumorali presenti nel midollo;
- esami radiologici, come la radiografia o la TAC dello scheletro, che permettono di valutare la presenza e l'entità delle lesioni ossee associate alla malattia. Possono seguire esami ancora più approfonditi, come la risonanza magnetica (RMN) e la PET, che permettono di studiare più in dettaglio le singole lesioni.

TERAPIA

Le gammopatie monoclonali di incerto significato non richiedono alcun tipo di intervento terapeutico, ma solo controlli periodici per escludere una progressione a mieloma multiplo.

Inizio della terapia.
Per i pazienti affetti da mieloma multiplo, in genere si sceglie di iniziare il trattamento se si riscontra almeno uno dei quattro sintomi cardine della malattia:
- elevata quantità di calcio nel sangue (>11,5 mg/l);
- insufficienza renale (creatinina >2 mg/dl);
- anemia (emoglobina < 10 g/dl o 2 g/dl sotto il limite di normalità);
- danno osseo.
Anche un aumento della frequenza delle infezioni batteriche, e i sintomi dovuti all'elevata viscosità del sangue (mal di testa, confusione, emorragie) o alla deposizione di anticorpi nei tessuti, possono indicare la necessità di iniziare la terapia.

Nei pazienti affetti da mieloma multiplo, ma asintomatici, si effettuano solo controlli frequenti, e si rimanda l'inizio del trattamento al momento della comparsa dei sintomi. Gli studi clinici internazionali infatti hanno dimostrato che un trattamento precoce non migliora il decorso della malattia.

Terapia del mieloma multiplo
Negli ultimi anni, la disponibilità di nuovi farmaci ha reso le terapie più efficaci e ha portato a un miglioramento dell’aspettativa di vita dei pazienti affetti da mieloma multiplo. Tuttavia, le terapie attualmente utilizzate non permettono ancora, nella maggior parte dei casi, di ottenere una guarigione. L’obiettivo della trattamento è quindi quello di ottenere un buon controllo della malattia e migliorare la qualità della vita del paziente.
Il percorso terapeutico non è uguale per tutti i pazienti, e viene stabilito sulla base di molti elementi, tra cui l’età del paziente, la presenza di eventuali altre malattie, le caratteristiche della malattia.
La variabile di maggiore importanza per la scelta della terapia è l’età del paziente al momento della diagnosi. I pazienti sotto i 65-70 anni, se non affetti da altre malattie importanti, possono iniziare un trattamento intensivo, che include un autotrapianto di cellule staminali (trapianto autologo). I pazienti oltre i 70 anni ricevono trattamenti ugualmente efficaci ma meno intensivi.

Pazienti sotto i 70 anni di età al momento della diagnosi
Il programma terapeutico inizia con la terapia di Induzione, che ha l'obiettivo è di ridurre il più possibile la quantità di cellule tumorali e di alleviare i sintomi. La terapia di induzione utilizza una combinazione di farmaci, che include solitamente il farmaco "mirato" bortezomib e può comprendere o meno farmaci chemioterapici. Nella maggior parte dei casi, la terapia di induzione viene somministrata in regime ambulatoriale (non richiede il ricovero) ed è generalmente ben tollerata.
Al termine della terapia di induzione, se non si sono controindicazioni, si può avviare la procedura per l'autotrapianto di cellule staminali (trapianto autologo). La prima fase della procedura consiste nella mobilizzazione delle cellule staminali: grazie alla somministrazione di appositi farmaci, le cellule staminali del paziente si spostano dal midollo osseo (dove si trovano normalmente) nel sangue. Le cellule staminali vengono poi prelevate dal sangue e conservate a bassissime temperature (criopreservate).
La fase successiva consiste nella somministrazione di una chemioterapia ad alte dosi, seguita dalla reinfusione delle cellule staminali criopreservate. La chemioterapia ad alte dosi (melphalan) causa una importante citopenia (riduzione delle cellule del sangue), che espone il paziente ad un elevato rischio di infezioni. Per questo, durante la fase di citopenia, il paziente è ricoverato in una camera sterile.
Dopo il trapianto, il paziente conclude il programma terapeutico con una fase di consolidamento, che ha l'obiettivo di migliorare e rendere più duratura la risposta ottenuta, per garantire un controllo più prolungato della malattia.

Pazienti sopra i 70 anni di età al momento della diagnosi
Il percorso terapeutico dei pazienti più anziani è molto meno articolato, visto che non comprende la fase di trapianto, ma permette comunque di ottenere buoni risultati. Anche in questo caso, l’obiettivo è ottenere la migliore risposta possibile per garantire un controllo prolungato della malattia.
I farmaci “mirati” di nuova generazione sono molto utilizzati anche per il trattamento dei pazienti più anziani, in combinazione con i trattamenti chemioterapici a basse dosi che venivano già impiegati in precedenza con buoni risultati.

Terapie di supporto
La terapia di supporto del mieloma multiplo ha l'obiettivo di alleviare i sintomi della malattia.

La radioterapia può essere utilizzata a volte per trattare eventuali fratture patologiche o lesioni particolarmente dolorose o a rischio di frattura. La radioterapia è anche il trattamento più utilizzato per il plasmocitoma solitario.

Per ridurre gli effetti negativi che la malattia e le terapie hanno sul midollo osseo, si utilizzano dei fattori di crescita (eritropoietina o EPO per i globuli rossi, fattori di crescita granulocitari per i globuli bianchi), che stimolano le cellule del midollo osseo a riprodursi e a ripopolare il sangue.

Per ridurre il danneggiamento delle ossa e alleviare il dolore si utilizzano i bifosfonati. Per la gestione dei problemi alle ossa può anche essere utile consultare un ortopedico e fare uso di presidi ortopedici (come il busto); in alcuni casi (per esempio se ci sono danni alla colonna vertebrale) si può ricorrere anche alla stabilizzazione chirurgica delle lesioni più a rischio di determinare fratture.

La terapia del dolore è fondamentale nei pazienti affetti da mieloma, e può essere gestita al meglio integrando le conoscenze e le capacità dell’ematologo e del terapista del dolore.

Farmaci
I farmaci usati al di fuori degli studi clinici per il trattamento del mieloma multiplo appartengono a quattro categorie diverse:
- i farmaci chemioterapici (chemioterapia) sono in grado di distruggere le cellule tumorali, ma possono danneggiare anche alcune cellule sane;
- i corticosteroidi sono farmaci che hanno un potente effetto tossico su alcune cellule del sistema immunitario, tra cui le plasmacellule;
- gli inibitori del proteasoma (ad esempio il bortezomib) sono farmaci "mirati", che bloccano l'eliminazione delle proteine all'interno delle cellule e risultano tossici per le plasmacellule tumorali;
- i farmaci immunomodulatori (ad esempio la talidomide, lenalidomide, pomalidomide) possono agire direttamente sulle plasmacellule tumorali, rallentandone la crescita o uccidendole, o modificare l'ambiente che le circonda, in modo da renderlo meno favorevole

DECORSO DELLA MALATTIA

Il rischio che una gammopatia monoclonale di significato indeterminato evolva in mieloma multiplo dipende da alcuni parametri:
- quantità di componente monoclonale nel sangue;
- isotipo della componente monoclonale;
- rapporto tra le catene leggere di tipo kappa e lambda presenti nel sangue.

I pazienti con mieloma multiplo possono essere suddivisi in tre gruppi di rischio (alto, basso o standard), che presentano un diverso andamento della malattia. La definizione dei gruppi di rischio si basa sui seguenti parametri:
- livelli delle proteine albumina e beta-2-microglobulina nel sangue;
- presenza di alcune alterazioni genetiche all'interno delle cellule tumorali.

VIVERE CON UNA GAMMOPATIA MONOCLONALE

Le gammopatie monoclonali di incerto significato sono condizioni che richiedono solamente controlli clinici periodici. In molti casi (ad esempio quando la componente monoclonale è < 1 g /dl ed è stabile nel tempo), i controlli possono essere effettuati anche presso il medico curante. Tuttavia, il centro ematologico rimane la struttura di riferimento, alla quale bisogna rivolgersi qualora gli esami di controllo mostrino cambiamenti significativi del quadro clinico, o compaiano i sintomi di una evoluzione patologica della gammopatia monoclonale.
Il mieloma multiplo asintomatico è una condizione tumorale iniziale, che richiede solo un frequente monitoraggio. In questo caso il monitoraggio deve essere effettuato presso un centro specialistico ematologico. Infatti il rischio di evoluzione in mieloma multiplo sintomatico, che comporta la necessità di iniziare un trattamento, non è trascurabile: è del 10% all'anno nei primi cinque anni dalla diagnosi.
Il mieloma multiplo sintomatico è un tumore che causa sintomi importanti e richiede un tempestivo intervento terapeutico preferibilmente da effettuarsi presso un centro ematologico.

Effetti collaterali delle terapie
Chemioterapia
La chemioterapia è un trattamento citotossico, che uccide preferenzialmente le cellule che si riproducono rapidamente, come le cellule tumorali. Anche alcune delle normali cellule del corpo sono sensibili alla chemioterapia, soprattutto quelle che formano i capelli, quelle che rivestono l’apparato digerente e le stesse cellule del sangue. Per questo la chemioterapia porta molto spesso alla perdita dei capelli (che però ricrescono qualche mese dopo l’interruzione della terapia) e può causare nausea (che può essere controllata con opportuni farmaci), infiammazione della bocca e disturbi intestinali (diarrea, stipsi).
L’eliminazione delle cellule del sangue dovuta alla chemioterapia aumenta il rischio di emorragie (a causa dei ridotti livelli di piastrine) e di infezioni (a causa dei ridotti livelli di globuli bianchi), e può causare spossatezza (a causa della riduzione dei livelli di emoglobina). Per combattere questi sintomi si usano trasfusioni di sangue o di cellule del sangue, e farmaci antibiotici o antifungini.
Tutti questi effetti collaterali sono temporanei, si possono controllare con farmaci specifici e si risolvono gradualmente, in tempi più o meno lunghi, dopo la fine della chemioterapia. Grazie all'uso delle terapie di supporto, l’incidenza degli effetti indesiderati è molto minore rispetto al passato.
Inoltre, non è detto che tutto i pazienti sviluppino questi effetti collaterali, dato che ci sono differenze individuali nella reazione ai farmaci, e uno stesso paziente può avere effetti collaterali diversi in diversi cicli di chemioterapia. L'assenza di effetti collaterali non indica assolutamente che la terapia non stia funzionando.

Corticosteroidi
I corticosteroidi sono farmaci importanti che influenzano diversi funzioni corporee, come le difese immunitarie, il metabolismo, i ritmi circadiani e l’umore. Anche se sostanze simili per la loro struttura sono naturalmente presenti nel nostro corpo, quando vengono assunte alle dosi e per i tempi necessari al trattamento possono causare effetti collaterali di vario tipo.
Per quanto riguarda l’umore e il comportamento, possono avere un effetto stimolante, mobilitando le energie del corpo, ma anche causare disturbi del sonno, insonnia, agitazione, irascibilità e aumento della pressione sanguigna.
Possono far aumentare la produzione di succhi gastrici e quindi causare bruciore e acidità di stomaco, gastrite e, nei casi più gravi, portare allo sviluppo di ulcere gastriche. Per questo motivo i corticosteroidi vanno assunti preferibilmente a stomaco pieno, insieme a farmaci gastroprotettori (che proteggono lo stomaco).
A lungo andare, i corticosteroidi possono causare cambiamenti nell’aspetto dovuti a una ridistribuzione del grasso corporeo, e gonfiore localizzato in varie parti del corpo (compreso il viso).
I corticosteroidi possono modificare il metabolismo degli zuccheri fino a causare una particolare forma di diabete che però in genere scompare dopo la fine del trattamento. I corticosteroidi accelerano anche il metabolismo delle ossa, che diventano più fragili e a rischio di fratture (osteoporosi).

Bifosfonati
L'effetto collaterale più grave dei bifosfonati è un raro danno che colpisce solitamente l'osso della mandibola (osteonecrosi). L'osteonecrosi può essere scambiata inizialmente per una semplice alterazione delle radici dentali. Il danno osseo può essere molto doloroso, e il processo di guarigione avviene molto lentamente.
Per limitare il rischio di osteonecrosi, è consigliabile effettuare una bonifica dentale prima di iniziare la terapia con i bifosfonati. Durante il trattamento è importante curare l'igiene orale, controllare attentamente la salute della bocca ed evitare operazioni odontoiatriche. Anche dopo la fine della terapia bisogna effettuare controlli periodici dal dentista.
Altri effetti collaterali dei bifosfonati, molto più rari, sono la carenza di vitamina D e di calcio.

Bortezomib
Bortezomib può indurre diarrea o stipsi. Spesso porta a una riduzione temporanea del numero di piastrine nel sangue, che si risolve quasi sempre tra un ciclo di trattamento e l'altro. Il farmaco può causare una neuropatia, solitamente sensitiva (bruciore, alterata sensibilità al caldo/freddo, ipersensibilità al tatto), tipicamente notturna, che colpisce soprattutto le gambe ed è reversibile.
Durante il trattamento con bortezomib si possono osservare casi di riattivazione delle infezioni da herpes zoster, quindi è necessario effettuare una terapia profilattica antivirale.
In rari casi, bortezomib può causare una tossicità cardiaca di tipo ischemico e aumentare il rischio di infarto.

Talidomide
La talidomide può causare diarrea, spossatezza e reazioni cutanee con arrossamento del viso e del busto. Può causare bradicardia, ma solo in pochi casi è richiesto l'impianto di un pacemaker per correggere questo difetto.
Questo farmaco può causare una neuropatia, solitamente sensitiva, con parestesie (tipo formicolii) e anestesie (riduzione della sensibilità), che colpisce principalmente le gambe. La neuropatia migliora con la sospensione del farmaco ma raramente è completamente reversibile.
La talidomide può causare inoltre trombosi venosa profonda, che si manifesta con gonfiore, dolore o rossore e colpisce solitamente le gambe, raramente le braccia. La complicazione più grave è l'embolia polmonare. Il rischio di trombosi venosa profonda è più alto durante i primi mesi di terapia, e nei pazienti che hanno familiarità per questo disturbo.

Lenalidomide
La lenalidomide può causare spossatezza e reazioni cutanee con arrossamento del viso e del busto. A causa della sua tossicità ematologica, può aumentare il rischio di infezioni.
La lenalidomide può causare trombosi venosa profonda, che si manifesta con gonfiore, dolore o rossore e colpisce solitamente le gambe, raramente le braccia. La complicazione più grave è l'embolia polmonare. Il rischio di trombosi venosa profonda è più alto durante i primi mesi di terapia, e nei pazienti che hanno familiarità per questo disturbo.

RICERCA

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DOMANDE FREQUENTI

Si guarisce da questa malattia?
I trattamenti attuali non permettono in genere di ottenere una guarigione, ma possono garantire un buon controllo della malattia per periodi prolungati.

Il mieloma multiplo è una malattia ereditaria?
No, anche se può avere una componente genetica, il mieloma multiplo non è una malattia ereditaria.

Devo far fare particolari esami ai miei figli?
No, i figli dei pazienti affetti da mieloma multiplo non devono eseguire particolari controlli.

E’ una malattia contagiosa?
No, non può essere trasmessa ad altre persone.

L’alimentazione influisce?
No, non c’è alcuna correlazione tra il cibo e la comparsa, l’evoluzione o la recidiva della malattia.

L’esposizione a radiazioni o a particolari sostanze influisce sulla comparsa della malattia?
I sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki (esposti a dosi altissime di radiazioni) avevano un rischio più elevato di sviluppare un mieloma multiplo.
In passato, è stato dimostrato anche un aumento del rischio di ammalarsi associato all'esposizione ad alte dosi di insetticidi e pesticidi.

Posso fare attività fisica durante la terapia?
Si, ma con moderazione e solo se la terapia che si sta seguendo lo permette. Per esempio, non è possibile fare sport durante le fasi di citopenia (riduzione della quantità di cellule nel sangue).
Anche la scelta dell'attività da fare è importante, e va presa insieme al medico. Bisogna evitare attività traumatiche o che mettano sotto sforzo la colonna vertebrale.

Posso fare viaggi all’estero?
Sì, lontano dal periodo di trattamento. E’ meglio scegliere mete dove sia disponibile un servizio medico adeguato in caso di necessità.

Devo fare una TAC. Si può usare il mezzo di contrasto?
Solitamente è meglio evitarlo, ma lo si potrebbe usare con un’adeguata preparazione. La decisione ultima è del radiologo.

Posso avere rapporti sessuali duante il periodo di chemioterapia?
In generale, non ci sono controindicazioni. Visto che i farmaci utilizzati possono causare malformazioni al feto, bisogna evitare assolutamente la possibilità di una gravidanza.

Quanto dura la terapia?
In genere, dura almeno 6 mesi. Ma dipende dal programma terapeutico, che varia in base all’età e alle caratteristiche della malattia.

Posso andare a lavorare mentre faccio la terapia?
Dipende dal tipo di lavoro e dalla tolleranza al trattamento. Cercare di avere una vita normale (e quindi anche di lavorare) è il modo migliore per affrontare la terapia. Tuttavia è meglio astenersi se il lavoro comporta un contatto con molte persone o con bambini (a causa del rischio di infezioni), o se si tratta di un lavoro faticoso, che costringe il paziente a sollevare carichi pesanti.

Quando passa il dolore?
Il dolore spesso persiste ancora per un pò dopo il miglioramento dei valori nel sangue, perché il danno alle ossa impiega più tempo per guarire. E’ importante seguire le indicazioni del medico riguardo alla gestione del dolore e non prendere iniziative personali che possono essere pericolose.

Altri pazienti hanno utilizzato le stesse cure che mi state proponendo? Con quali risultati?
A meno che il paziente partecipi a uno studio clinico (sperimentazione), per la terapia si utilizzano sempre farmaci già approvati, testati su altri pazienti in studi clinici e nella pratica clinica. La risposta al trattamento è variabile e dipende dalle caratteristiche del paziente e della malattia.

Durante la terapia devo seguire una dieta precisa?
No, ma è meglio non abusare di cibi troppo grassi (insaccati, fritture, etc.) e limitare o eliminare del tutto l’uso di alcolici e dolci.

Che vantaggi ho a partecipare ad una sperimentazione?
La sperimentazione permette al paziente di accedere a terapie che altrimenti non potrebbero essere utilizzate. L’efficacia delle terapie sperimentali non è provata, quindi non è possibile conoscerne in anticipo i risultati.

Le possibilità di terapia sono uguali dappertutto?
Ci sono differenze a seconda della fase della malattia e dell’età del paziente ma, in generale, i programmi di terapia sono standard in tutto il mondo. Questo vale in particolare per il trattamento di prima linea sia dei pazienti più giovani che di quelli più anziani.

Posso fare la vaccinazione antinfluenzale?
Non ci sono controindicazioni a ricevere una vaccinazione. L’unico rischio, soprattutto quando si è in trattamento, è che il vaccino non sia efficace e ci si ammali comunque di influenza.

Posso andare al mare/ montagna e prendere il sole?
Si, ma è meglio non esporsi al sole e usare sempre creme a protezione totale. L’esposizione al sole durante il periodo di chemioterapia può causare reazioni cutanee importanti.

Posso integrare la terapia con cure omeopatiche?
Per evitare la possibilità che altre sostanze interagiscano con la terapia in corso, è meglio consultare lo specialista prima di prendere qualsiasi prodotto.

Contatti
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Come Raggiungerci
  • Il reparto di Ematologia si trova all'interno del Policlinico San Matteo di Pavia, a poca distanza dall'uscita della tangenziale Ovest e dal raccordo autostradale.