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Sindromi Mielodisplastiche

COS’È
COME CI SI AMMALA
CLASSIFICAZIONE
SINTOMI
DIAGNOSI ED ESAMI
DECORSO DELLA MALATTIA
TERAPIA
VIVERE CON UNA SINDROME MIELODISPLASTICA
RICERCA
DOMANDE FREQUENTI

COSA SONO

Le sindromi mielodisplastiche (chiamate anche mielodisplasie) sono malattie del sangue causate dal danneggiamento di una delle cellule staminali presenti all'interno del midollo osseo. Le cellule staminali danneggiate non riescono a produrre una quantità adeguata di cellule del sangue funzionali, e questo porta a una carenza di globuli rossi, globuli bianchi e/o piastrine. In una percentuale dei casi, le sindromi mielodisplastiche si trasformano in un tumore aggressivo chiamato leucemia mieloide acuta.

Ogni anno in Europa circa 1 persona ogni 12.500 abitanti viene colpita da una mielodisplasia. Ma la malattia colpisce soprattutto le persone anziane: sopra i 70 anni, si ammala ogni anno circa 1 persona ogni 3.000 abitanti.

COME CI SI AMMALA

Le cellule staminali del midollo osseo sono responsabili della produzione di tutte le cellule che popolano il nostro sangue. A differenza delle normali cellule, le cellule staminali sono in grado di riprodursi indefinitamente, creando da un lato nuove cellule staminali e dall'altro i vari tipi di cellule del sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.
Nelle sindromi mielodisplastiche, una delle cellule staminali del midollo osseo (appartenente al sottogruppo delle cellule staminali mieloidi) subisce delle modifiche al DNA, che la danneggiano. La cellula staminale danneggiata si moltiplica, producendo cellule con una struttura anormale (displastiche), che non riescono a completare la propria maturazione per diventare cellule del sangue, o comunque non riescono a sopravvivere a lungo. Questo causa un impoverimento del sangue, che rimane sprovvisto di globuli rossi, globuli bianchi e/o piastrine.

Le cellule patologiche dei pazienti affetti da mielodisplasie contengono spesso delle mutazioni genetiche, che possono interessare grandi frammenti di DNA chiamati cromosomi (cromosomi 5, 7 o 20 mancanti o danneggiati, presenza di un cromosoma 8 aggiuntivo) o porzioni di DNA più piccole, chiamate geni (SF3B1, TET2, SRSF2, ASXL1 o TP53).

Si pensa che alcune di queste mutazioni contribuiscano alla trasformazione iniziale delle cellule staminali (TET2) o le facciano diventare più aggressive nel corso della malattia (ASXL1 e TP53). Tuttavia, il preciso meccanismo alla base delle sindromi mielodisplastiche è ancora in gran parte sconosciuto.

L'esposizione a radiazioni e sostanze tossiche (come solventi, pesticidi, farmaci chemioterapici) può aumentare il rischio di sviluppare una sindrome mielodisplastica.

CLASSIFICAZIONE

Le varie sindromi mielodisplastiche si differenziano l'una dall'altra in base ai tipi di cellule del sangue interessati dalla malattia e alla presenza di cellule anormali (displastiche) o di cellule immature (blasti) nel sangue e nel midollo osseo dei pazienti.

Nella citopenia refrattaria con displasia unilineare, la malattia interessa solo uno dei tipi di cellule del sangue:
- nell'anemia refrattaria c'è una carenza di globuli rossi nel sangue, mentre i globuli bianchi e le piastrine in genere sono presenti in quantità normali. Nel midollo osseo di questi pazienti, solo i progenitori dei globuli rossi (cioè le cellule che danno origine ai globuli rossi) sono displastici (cioè hanno un aspetto anormale);
- nella neutropenia refrattaria, sono i globuli bianchi a essere ridotti nel sangue; i progenitori dei globuli bianchi presenti nel midollo osseo sono displastici;
- la trombocitopenia refrattaria invece è caratterizzata da una riduzione delle piastrine nel sangue e dalla presenza di progenitori delle piastrine (megacariociti) displastici nel midollo osseo.

Nella citopenia refrattaria con displasia multilineare, la malattia interessa almeno due diversi tipi di cellule del sangue.

In alcuni pazienti, l'anemia refrattaria può essere accompagnata dalla presenza nel midollo osseo di progenitori dei globuli rossi anomali, chiamati sideroblasti ad anello, che contengono depositi di ferro (anemia refrattaria con sideroblasti ad anello). Nella cellule patologiche della maggioranza di questi pazienti è presente una mutazione nel gene SF3B1, che è associata a un andamento della malattia più favorevole.

In altri casi, l'anemia refrattaria è associata alla presenza di una quantità eccessiva di cellule immature (blasti) nel sangue e nel midollo osseo: in questo caso si parla di anemia refrattaria con eccesso di blasti, che può essere di tipo 1 o di tipo 2 in base alla quantità di blasti presenti.

Nella sindrome mielodisplastica con del (5q) isolata tutte le cellule anormali (patologiche) hanno un frammento del cromosoma 5 mancante, mentre gli altri cromosomi sono intatti. In questa mielodisplasia, i globuli rossi sono ridotti (anemia), i globuli bianchi sono normali e le piastrine spesso aumentate. Per ragioni ancora non chiare, questa è la più benigna delle sindromi mielodisplastiche.

Infine, si definiscono sindromi mielodisplastiche non classificabili tutte quelle forme di mielodisplasia che non rientrano in nessuna delle categorie citate.

SINTOMI

Alcuni pazienti non presentano sintomi al momento della diagnosi e la malattia viene identificata occasionalmente, grazie a esami del sangue effettuati per altre ragioni.
Tuttavia, la maggior parte dei pazienti affetti da sindrome mielodisplastica hanno dei sintomi dovuti alla carenza di uno o più gruppi di cellule del sangue.
Nella maggioranza dei casi è presente una anemia (riduzione del numero di globuli rossi), che può portare a debolezza, affaticabilità, difficoltà a respirare (soprattutto in seguito a sforzi fisici). Meno frequentemente, si osservano infezioni batteriche ricorrenti e prolungate causate dalla carenza di globuli bianchi, o sintomi legati alla riduzione del numero di piastrine: macchie sulla pelle, lividi o ematomi in seguito a traumi, perdite di sangue dal naso, dalle gengive o dall'apparato gastro-intestinale.
In circa il 15% dei pazienti si ha un ingrossamento del fegato, della milza o dei linfonodi.

In assenza di trattamento, i sintomi peggiorano con il progredire della malattia, che può evolvere in leucemia mieloide acuta.

DIAGNOSI ED ESAMI

La maggior parte dei pazienti affetti da sindromi mielodisplastiche si presentano con un'anemia (carenza di globuli rossi) o con una citopenia (carenza di diversi tipi di cellule del sangue). Prima di poter confermare una diagnosi di sindrome mielodisplastica, bisogna accertarsi che l'anemia o la citopenia non siano dovute ad altre cause, effettuando i seguenti esami:
- esami della funzionalità epatica e renale, esami che misurano gli indici di infiammazione ed elettroforesi delle proteine del sangue, che permettono di escludere un'anemia dovuta a infiammazione cronica o a un malfunzionamento dei reni o del fegato;
- dosaggio della vitamina B12 e dei folati, per escludere che l'anemia sia dovuta a una carenza di questi fattori;
- esami del metabolismo del ferro per escludere che l'anemia sia dovuta a una carenza di ferro; questi esami sono utili anche durante il trattamento, per identificare un eventuale accumulo di ferro causato dalle trasfusioni di sangue.

Altri esami diagnostici servono a caratterizzare le cellule presenti nel sangue e nel midollo osseo, e quindi a definire con esattezza da quale sindrome mielodisplastica è affetto il paziente:
- l'emocromo consente di quantificare i vari tipi di cellule presenti nel sangue;
- l'osservazione al microscopio delle cellule del sangue e del midollo osseo permette di identificare le cellule con alterazioni strutturali (displastiche), le cellule immature (blasti) e i sideroblasti ad anello;
- l'immunofenotipo permette di caratterizzare le proteine presenti nelle cellule patologiche;
- la coltivazione in laboratorio (coltura) delle cellule patologiche permette di misurarne la capacità riproduttiva, e aiuta a distinguere le sindromi mielodisplastiche da altre malattie del sangue;
- l'analisi dei cromosomi serve a individuare le alterazioni cromosomiche presenti nelle cellule patologiche, che influenzano in maniera determinante l'evoluzione della malattia;
- le analisi del DNA permettono di stabilire se tutte le cellule patologiche derivano da una sola cellula staminale danneggiata (clonalità);

Il dosaggio dell'eritropoietina (EPO) invece aiuta a scegliere il trattamento più efficace per l'anemia (vedi sezione TERAPIA).

DECORSO DELLA MALATTIA

I sistemi prognostici (in grado di predire il decorso della malattia) più utilizzati nelle sindromi mielodisplastiche sono il WPSS (WHO classification based Prognostic Scoring System) e l'IPSS (International Prognostic Scoring System).
Il WPSS si basa sulla classificazione dell'OMS, sul fabbisogno di trasfusioni e sulla presenza di alterazioni cromosomiche nelle cellule patologiche. Questo sistema permette di classificare i pazienti in 5 gruppi di rischio con aspettative di vita e rischio di progressione a leucemia mieloide acuta (LMA) significativamente diverse:

Gruppo di rischio WPSS

(% dei pazienti)

Sopravvivenza

mediana

Tempo di progressione a LMA del 25% dei casi

Rischio molto basso (23%)

8,2 anni

non raggiunto

Rischio basso (28%)

6,3 anni

14,5 anni

Rischio intermedio (18%)

3,7 anni

6 anni

Rischio alto (23%)

1,8 anni

1,5 anni

Rischio molto alto (9%)

9 mesi

8 mesi

L'IPSS, che è stato recentemente rivisto (IPSS-R), classifica i pazienti in base alla percentuale di cellule immature (blasti) nel midollo osseo, all'entità della citopenia (riduzione delle cellule del sangue) e alla presenza di alterazioni cromosomiche nelle cellule patologiche. Anche con questo sistema è possibile identificare 5 gruppi di rischio con aspettative di vita e tempo di progressione a leucemia mieloide acuta (LMA) significativamente diversi:

Gruppo di rischio IPSS-R

(% dei pazienti)

Sopravvivenza

mediana

Tempo di progressione a

LMA del 25% dei casi

Rischio molto basso (18%)

10,1 anni

non raggiunto

Rischio basso (37%)

5,6 anni

15,7 anni

Rischio intermedio (13%)

2,9 anni

2,8 anni

Rischio alto (13%)

1,7 anni

1,4 anni

Rischio molto alto (11%)

9 mesi

9 mesi

Cliccando qui si può accedere a una pagina web (in inglese) della MDS Foundation (Fondazione per le Sindromi Mielodisplastiche) nella quale è possibile calcolare la categoria di rischio IPSS-R.

TERAPIA

Prima iniziare il trattamento, i pazienti affetti da sindromi mielodisplastiche vengono sottoposti a un periodo di osservazione, specialmente se si tratta di persone anziane o in condizioni di salute non buone, o se ci sono delle incertezze riguardo alla diagnosi. In ogni caso, si inizia il trattamento solo quando compaiono i sintomi causati dall'anemia o dalla carenza di globuli bianchi e piastrine.

La scelta della terapia da utilizzare dipende dalle caratteristiche del paziente (età, condizioni di salute) e della malattia (sistemi di valutazione IPSS e WPSS – vedere sezione DECORSO DELLA MALATTIA).

Terapia di supporto
In genere, quando il rischio di evoluzione della mielodisplasia a leucemia mieloide acuta è basso (o quando il paziente ha più di 70 anni), i pazienti sono sottoposti solo a una terapia di supporto, che può alleviare i sintomi, ma non modificare il decorso della malattia.
Per correggere l'anemia e la piastrinopenia si utilizzano trasfusioni rispettivamente di globuli rossi e di piastrine. Poiché i globuli rossi contengono ferro, ripetute trasfusioni possono portare a un accumulo di ferro negli organi del paziente; per contrastare questo fenomeno si usano dei farmaci chelanti del ferro, che legano il ferro e ne favoriscono l'eliminazione.
In alternativa alle trasfusioni di globuli rossi, nei pazienti con malattia a basso rischio si può impiegare anche una terapia con eritropoietina.
L'eritropoietina (o EPO) è un fattore di crescita che viene prodotto normalmente dal nostro corpo per stimolare la produzione di globuli rossi. In alcuni pazienti anemici l'EPO è prodotta in quantità relativamente basse: in questi casi, la somministrazione di EPO sintetica (prodotta in laboratorio) può aiutare il midollo osseo del paziente a produrre più globuli rossi.
Tuttavia, la terapia riesce a migliorare l'anemia e a ridurre la necessità di trasfusioni solo in circa il 25% dei pazienti trattati, e in genere non funziona nei pazienti che hanno livelli basali di EPO elevati (>200 mU/ml).

I pazienti affetti da sindromi mielodisplastiche soffrono spesso di infezioni. Visto nella maggior parte dei casi le infezioni sono batteriche, la terapia di supporto comporta la somministrazione di antibiotici ad ampio spettro, che sono efficaci contro una grande varietà di batteri.

Trattamento specifico
I pazienti che hanno una probabilità più alta di sviluppare una leucemia subiscono un trattamento specifico, che ha l'obiettivo di eliminare le cellule patologiche. Il trattamento specifico utilizzato dipende dalle caratteristiche della malattia, dall'età e dalle condizioni del paziente.

Trapianto di cellule staminali da donatore
Il trapianto di cellule staminali da donatore (trapianto allogenico) è attualmente l'unico trattamento che può portare a una guarigione, ma comporta molti rischi e anche quando va a buon fine può avere gravi effetti collaterali. Per questo viene effettuato solo in una minoranza dei pazienti, che possiedono le seguenti caratteristiche:
- età sotto i 65-70 anni;
- mielodisplasia a rischio medio-alto o in stadio avanzato;
- assenza di altre malattie gravi;
- disponibilità di un donatore di cellule staminali compatibile (che può essere un familiare o un donatore volontario non correlato).
Il trapianto di cellule staminali da donatore è preceduto da una chemioterapia molto potente (chemioterapia ablativa) che distrugge tutte le cellule del midollo osseo, sia quelle patologiche che quelle sane. Dopo la chemioterapia, le cellule staminali vengono trapiantate nel paziente, e ripopolano il sangue e il midollo osseo con cellule sane e funzionanti.
Inoltre, il nuovo sistema immunitario, formatosi dalle cellule staminali trapiantate, può aiutare a eliminare la malattia riconoscendo le cellule patologiche residue e distruggendole.
Nelle sindromi mielodisplastiche, la sopravvivenza libera da malattia a 5 anni dal trapianto varia dal 28% al 60%.
Normalmente, il trapianto di cellule staminali da donatore è sconsigliato nei pazienti di età superiore a 65-70 anni o in condizioni generali non ottimali, a causa del rischio di complicazioni dovute alle alte dosi di chemioterapia utilizzate.
Tuttavia, esiste una procedura di trapianto che utilizza dosi più basse di chemioterapia (trapianto non-mieloablativo), e può essere applicata anche ai pazienti che hanno fino a 65 -70.

Chemioterapia ad alte dosi
I pazienti che presentano una quantità elevata di cellule immature (blasti) possono essere trattati con un una chemioterapia ad alte dosi. I pazienti più giovani e con alterazioni cromosomiche favorevoli hanno maggiori probabilità di ottenere l'eliminazione completa delle cellule patologiche dal sangue e dal midollo osseo (remissione completa).
Questo tipo di terapia si utilizza nei pazienti ad alto rischio, che non possono essere trattati con un trapianto di cellule staminali da donatore e che hanno meno di 55 anni (o fino a 65 anni, in assenza di altre malattie gravi associate).

Farmaci ipometilanti
Nei pazienti a rischio medio-alto, sotto i 75 anni di età, non idonei al trapianto o alla chemioterapia, si possono usare i cosiddetti farmaci ipometilanti (5-azacitidina e decitabina). Questi farmaci bloccano un particolare meccanismo di regolazione del DNA chiamato metilazione, che è iperattivo nelle cellule patologiche: in questo modo, contribuiscono alla loro eliminazione.

Farmaci immunosoppressivi
In alcuni pazienti a rischio medio-basso è possibile utilizzare dei farmaci immunosoppressivi (globulina antilinfocitaria e ciclosporina A), cioè dei farmaci che inibiscono il sistema immunitario. Si ritiene infatti che la reazione del sistema immunitario alla malattia possa contribuire al malfunzionamento del midollo osseo, e quindi alla carenza di globuli rossi, piastrine e globuli bianchi.

Lenalidomide
La lenalidomide è un farmaco utilizzato solo nei pazienti affetti da una sindrome mielodisplastica con del(5q) isolata che sono dipendenti dalle trasfusioni. In alcuni di questi pazienti (quelli che hanno anche mutazioni nel gene TP53) la terapia con lenalidomide potrebbe essere poco efficace.

VIVERE CON UNA SINDROME MIELODISPLASTICA

Le complicazioni che influenzano maggiormente la qualità della vita dei pazienti affetti da sindromi mielodisplastiche sono l'anemia, la piastrinopenia e le infezioni ricorrenti.
L'anemia può causare stanchezza, mancanza di fiato, tachicardia e crampi alle gambe. In circa il 50% dei casi l'anemia è grave e deve essere trattata con trasfusioni di globuli rossi concentrati, che aiutano a mantenere l'emoglobina a livelli accettabili per l’organismo (soprattutto per il sistema cardiovascolare, che in presenza di grave anemia deve svolgere un lavoro maggiore).

I globuli rossi contengono ferro, quindi ripetute trasfusioni di sangue possono causare un accumulo di ferro in vari tessuti, come il fegato, il cuore, il pancreas e la cute. L'accumulo di ferro è presente in circa il 16% dei pazienti e potrebbe causare danni a diversi organi.
Per prevenire i danni ai tessuti si possono utilizzare dei farmaci chelanti (come la deferoxamina), che legano il ferro in eccesso e ne favoriscono l'eliminazione. La somministrazione di questo farmaco avviene per via sottocutanea e in questo caso l'infusione dura alcune ore.
Adesso però è disponibile anche un nuovo farmaco chelante del ferro (il deferasirox) che può essere assunto per via orale (in pillole), e permette quindi di semplificare la terapia chelante.

L'eritropoietina (EPO) sintetica può aiutare a ridurre la necessità di trasfusioni nei pazienti con malattia a basso rischio, ma è efficace solo in circa il 25% dei pazienti trattati. L’eritropoietina viene somministrata con una iniezione sottocutanea, in genere una volta alla settimana.

In alcuni casi i pazienti possono sviluppare una carenza di piastrine (piastrinopenia) di gravità variabile. Se la piastrinopenia è grave si possono avere delle emorragie (perdite di sangue dal naso o dalle gengive, macchie sulla pelle, lividi o ematomi) e può essere necessario effettuare delle trasfusioni di piastrine.

Le infezioni sono frequenti nei pazienti affetti da sindromi mielodisplastiche, a causa della carenza di globuli bianchi e in particolare di neutrofili, cellule molto importanti nella protezione dalle infezioni.
La maggior parte delle infezioni sono di tipo batterico e colpiscono spesso le vie respiratorie. Per il trattamento delle infezioni batteriche si utilizzano antibiotici ad ampio spettro (efficaci contro molti tipi di batteri). Se durante la neutropenia (carenza di neutrofili) si verificano febbre o infezioni può essere necessario il ricovero in ospedale.

Effetti collaterali delle terapie
Chemioterapia. La chemioterapia è un trattamento citotossico, che uccide preferenzialmente le cellule che si riproducono rapidamente, come le cellule leucemiche. Anche alcune delle normali cellule del corpo sono sensibili alla chemioterapia, soprattutto quelle che formano i capelli, quelle che rivestono l’apparato digerente e le stesse cellule del sangue.
Per questo la chemioterapia porta molto spesso alla perdita dei capelli (che però ricrescono qualche mese dopo l’interruzione della terapia) e può causare nausea (che può essere controllata con opportuni farmaci), infiammazione della bocca e disturbi intestinali (diarrea, costipazione).
L’eliminazione delle cellule del sangue dovuta alla chemioterapia aumenta il rischio di emorragie e di infezioni e causa un senso di spossatezza. Per combattere questi sintomi si usano trasfusioni di sangue o di cellule del sangue, e farmaci antibiotici o antifungini.

Trapianto di cellule staminali da donatore (trapianto allogenico) Le cellule staminali ricevute da un donatore possono scatenare nel corpo del paziente una reazione immunitaria che prende di mira i tessuti sani (come il fegato, l’intestino e la pelle). La reazione causa un’infiammazione che danneggia gli organi colpiti, e può manifestarsi subito dopo il trapianto (reazione acuta) o a distanza di mesi o anni (reazione cronica).
I sintomi della reazione includono ittero (cioè ingiallimento della pelle e del bianco degli occhi), diarrea (a volte accompagnata da dolori addominali) e irritazione della pelle, che può infiammarsi e arrossarsi se la reazione è acuta, o diventare secca, poco elastica e scura in caso di reazione cronica.
A volte i sintomi sono molto lievi o addirittura assenti, ma in alcuni casi possono prendere una forma grave e avere un notevole impatto sulla qualità della vita dei pazienti.

Farmaci ipometilanti (5-azacitidina)
Gli effetti collaterali più comuni della 5-azacitidina sono la comparsa di eritema/dolore nella zona nella quale è stato iniettato il farmaco e la riduzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine (più marcata durante i primi due cicli di terapia) che porta ad un aumento del rischio di infezioni e di emorragie.

Farmaci immunosoppressivi (globulina antitimocitaria e ciclosporina)
Gli effetti collaterali più comuni della globulina antitimocitaria sono la neutropenia, la piastrinopenia e le infezioni. Gli effetti collaterali più frequenti della terapia con ciclosporina sono l'aumentato rischio di infezioni, l'aumento della creatinina (insufficienza renale) e l'ipertensione arteriosa.

Lenalidomide
La terapia con lenalidomide è associata ad un aumento del rischio di trombosi venosa profonda e di embolia polmonare. La lenalidomide può causare anche tossicità midollare, che a volte rende necessaria una riduzione della dose.


RICERCA

Per sapere quali studi clinici sulle sindromi mielodisplastiche sono attivi presso la Clinica Ematologica di Pavia, cliccate qui.


DOMANDE FREQUENTI

Si guarisce da questa malattia?
Attualmente, l’unica terapia che può portare a una guarigione è il trapianto di cellule staminali da donatore (trapianto allogenico).

Le sindromi mielodisplastiche sono malattie ereditarie?
No, nella maggior parte dei casi sono malattie acquisite che compaiono in età avanzata e la cui incidenza aumenta con l’età.

Devo far fare particolari esami ai miei figli?
No, i figli dei pazienti affetti da sindrome mielodisplastica non devono eseguire particolari controlli.

E’ una malattia contagiosa?
No, non può essere trasmessa ad altre persone.

L’alimentazione influisce?
No, non c’è nessuna relazione tra il cibo e la comparsa e l’evoluzione delle sindromi mielodisplasiche.

L’esposizione a radiazioni o a particolari sostanze influisce sulla comparsa della malattia?
Si. L'esposizione a radiazioni, solventi, pesticidi e farmaci chemioterapici può aumentare il rischio di sviluppare una sindrome mielodisplastica.

Come si decide il tipo di trattamento per ciascun paziente?
La terapia deve essere personalizzata e basata sulla classificazione IPSS, sull'età e sulle condizioni cliniche generali del paziente.

Quanto dura la terapia?
Dipende dal tipo di terapia utilizzata.

Quale è il rischio di una terapia prolungata con trasfusioni?
Il rischio è che il ferro contenuto nei globuli rossi si accumuli nei tessuti e contribuisca a danneggiare alcuni organi.

È possibile prevenire i danni dovute a trasfusioni ripetute?
È possibile ridurre l'accumulo di ferro grazie ai farmaci chelanti. Tuttavia, l'effetto di questi farmaci sulla sopravvivenza dei pazienti non è ancora chiaro.

Esistono trattamenti alternativi alle trasfusioni per correggere l'anemia?
Sì, è possibile usare l'eritropoietina (EPO) sintetica nei pazienti con sindromi mielodisplastiche a basso rischio e con livelli basali di EPO nel sangue < 200 mU/ml.

Altri pazienti hanno utilizzato le stesse cure che mi state proponendo? Con quali risultati?
A meno che il paziente partecipi a uno studio clinico (sperimentazione), per la terapia si utilizzano sempre farmaci già approvati, testati su altri pazienti in studi clinici e nella pratica clinica. La risposta al trattamento è variabile e dipende dalle caratteristiche del paziente, come l’età, lo stato di salute e i fattori di rischio.

Che vantaggi ho a partecipare a una sperimentazione?
La sperimentazione permette al paziente di accedere a terapie che altrimenti non potrebbero essere utilizzate. L’efficacia delle terapie sperimentali non è provata, quindi non è possibile conoscerne in anticipo i risultati.

Posso integrare la terapia con cure omeopatiche/erboristiche?
Per evitare la possibilità che altre sostanze interagiscano con la terapia in corso, è meglio consultare lo specialista prima di prendere qualsiasi prodotto.

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